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Il saggio più impegnativo di don Gnocchi, nato da una serie di articoli apparsi su un giornale stampato a Lugano, è un'opera che meriterà al suo autore il Premio Viareggio del 1951. La data della pubblicazione è emblematica: siamo nel 1946, quando la bufera immane della guerra era alle spalle, si era finalmente spenta la retorica marziale e nazionalistica del fascismo e sembrava aprirsi l'alba di una rinascita. Essa, però, aveva a prima vista solo i connotati di una riedificazione edilizia sulle macerie dei bombardamenti. Don Carlo, invece, a un popolo che ormai era stato "disincantato" dalla guerra e che era stato scosso dal letargo dell'intelligenza e della coscienza e liberato dalla propaganda di regime, voleva proporre un'altra e ben più ardua ricostruzione: così come nella lotta bellica ci si era adattati alla brutale locuzione del «far fuori un uomo», ora si doveva «rifare l'uomo», impresa ben più difficile dell'altra, eppure «prima e più fondamentale di tutte le ricostruzioni».